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Spalletti, quattro messaggi nello sfogo di Lipsia. Così il ct rivendica il valore del 2° posto dell’Italia

Prima la playstation e le notti insonni dei giocatori, ora le spie e le critiche di stampa e tv. La difesa delle sue scelte e la sindrome da accerchiamento

ISERLHON — Guai a chi minimizza la qualificazione della Nazionale tra le prime sedici d’Europa. Guai a chi pensa che un commissario tecnico possa essere commissariato — non è un gioco di parole — dalla squadra. Guai a chi confonde l’equilibrio tattico col difensivismo. E guai a chi spiffera all’esterno i sacri segreti dello spogliatoio. Riassumibile in questi quattro concetti, il quasi monologo di Luciano Spalletti, dopo l’ingresso negli ottavi di finale acciuffato con la Croazia all’ultimo sospiro grazie a un’invenzione di Zaccagni, passerà alla storia azzurra come lo sfogo di Lipsia. L’arringa segna una nuova fase per i campioni in carica, dati per sfavoriti: da oggi sembra Nazionale contro tutti, non solo contro la Svizzera, avversaria sabato 29 giugno a Berlino.

Italia seconda nel girone

Da Bearzot a Sacchi, da Zoff a Trapattoni, da Conte a Mancini passando per Ventura, parecchi ct, ognuno coi propri toni, hanno fatto ricorso alla sindrome da accerchiamento. Non di rado la strategia ha funzionato. Però nel caso di Spalletti la precocità dell’anatema — era la sua tredicesima partita — è stata sorprendente. La spiega in parte la tensione accumulata e liberata senza freni: era concreto il rischio dell’insuccesso, anche con l’eventuale ripescaggio tra le quattro migliori terze. Il secondo posto dietro la Spagna è invece un parziale successo.

La rabbia di Spalletti

Non è una novità il Luciano furioso, nemmeno a 65 anni d’età e 31 di professione: a Lipsia è sembrato di risentire vecchi discorsi mai facili da tradurre, ispirati da evidente passione per il lavoro, data la dialettica in bilico tra la metafora toscana e il chiaroscuro, se qualcuno lo fa arrabbiare o se lui si sente poco rispettato dalla critica. Solo che nel frattempo è diventato l’unico ct autorizzato, tra i famosi 60 milioni di colleghi, e le sue parole fanno più rumore, soprattutto durante un grande torneo.

Spalletti contro i giornalisti

Finora le sue crociate avevano avuto bersagli interni. Quella contro l’abitudine dei calciatori a dormire poco la notte (che fosse per giocare alla playstation o per usare lo smartphone poco cambia). La tirata d’orecchie a Scamacca, «pigro» sul campo. La censura dell’isolamento con le cuffie o col telefonino, al tempo dei social nemici del gruppo. Ma stavolta Spalletti ha puntato altrove, all’esterno, e l’idillio coi media si è incrinato. Già la lunga vigilia, col tormentato approdo al 3-5-2 (abiura della difesa a 4, efficace con l’Albania ma non con la Spagna dedita al torello), è stata insolita. Il ct ha comunicato la formazione alla squadra solo alle 19, anche se, come sarebbe poi trapelato, c’era stato nei giorni precedenti un confronto coi giocatori sull’opportunità di virare su un sistema più sperimentato dalla maggior parte di loro, in primis dagli interisti.

Spalletti contro le critiche sulla tattica

L’Italia non è stata inferiore alla Croazia, eppure è rimasta fino all’ultimo sull’orlo del burrone, dopo il rigore parato da Donnarumma a Modric e il gol della catarsi del’ex Pallone d’oro. Così il pareggio di Zaccagni ha indotto Spalletti allo sfogo. La sola idea che lo si potesse catalogare come difensivista lo ha indignato in diretta tv. E quella che la formazione potesse essere frutto di un patto con la squadra, e non di un confronto tattico nel rispetto dei ruoli, lo ha offeso in conferenza stampa, fino a spingerlo a dubitare che qualche calciatore potesse avere rotto il segreto dello spogliatoio e ad attaccare un giornalista, al quale ha poi chiesto scusa con una telefonata notturna.

Spalletti e la tesi a Coverciano

Da oggi si saprà se la rabbia del ct è sbollita e se con la Svizzera ci sarà una nuova metamorfosi tattica. Lui rivendica presente e passato, fermo restando il traguardo del Mondiale 2026, coi rientri di Tonali e Zaniolo: «Questa qualificazione, nel girone più difficile, è un merito dei giocatori. E io non alleno da un giorno, i sistemi li conosco tutti. Il 3-5-2 era la mia tesi a Coverciano». Duttilità confermata a Repubblica da Sergio Brescia, che quella tesi la scrisse assieme al ct: «Luciano a volte può perdere la pazienza. Ma di una cosa si può essere sicuri: della sua competenza e del fatto che ogni sua scelta tattica sarà per vincere».

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