TORINO – Thiago Motta e Sebastian Hoeness dicono di allenare squadre che si somigliano, ma forse è vero soltanto per la priorità di entrambi: tenere il pallone e fare il modo che non lo tenga l’avversario. Però fare gol alla Juventus è quasi impossibile (appena una rete al passivo in campionato e tre in Champions) mentre rifilarlo allo Stoccarda è una consuetudine, visto che ne ha incassati quanti ne ha segnati, quindici, e non è mai riuscito a tenere la porta involata.
Lo Stoccarda in difficoltà dopo una stagione memorabile
Ma dalla squadra sveva non si può pretendere grandezza assoluta né perfezione, perché il suo rendimento è andato nettamente al di là delle aspettative e il secondo posto nell’ultima Bundesliga, dietro al Leverkusen e davanti al Bayern, è stata una sorpresa enorme. Lo Stoccarda ha un nome e una storia gloriosi (cinque titoli tedeschi, una finale di Coppa Uefa e una di Coppa delle Coppe), grandi ex che conosciamo bene come Klinsmann, Hansi Müller e Khedira ma vicende recenti decisamente altalenanti. Negli anni Dieci è retrocesso due volte, mentre nel 2022 si è salvato all’ultima giornata e nel 2023 soltanto dopo lo spareggio con l’Amburgo. Poi, di colpo, è arrivato Sebastian Hoeness, che dopo aver pilotato la squadra a quel play-off con cui ha salvato la cotenna al club (arrivò con i biancorossi all’ultimo posto e in otto giornate li portò al terz’ultimo), nella scorsa stagione lo ha guidato a un’annata memorabile, piena di gol e di calcio bello, con una coppia d’attaccanti capaci di segnare 46 reti in due (28 Guirassy, oggi al Dortmund, e 18 Undav) e spedendo nella nazionale tedesca un bel po’ di elementi tipo il portiere Nübel, Mittelstädt, Undav, Stiller, Fühirch, Leweling o Anton, quest’ultimo finito poi al Borussia assieme a Guirassy.
Undav, il centravanti venuto dal basso
Quest’anno le cose stanno andando meno bene, ma è anche vero che, oltre ai due pilastri finiti al Borussia, in estate è stato ceduto (al Bayern) anche Ito, difensore giapponese, e i nuovi arrivi non si sono ancora imposti, incluso El Bilal Touré, arrivato dall’Atalanta. Continua invece a funzionare benone Deniz Undav, il bomber di origini curde che ha fatto un lungo giro: da ragazzo era grassottello (“Mangiavo troppi kebab”, e ne mangia ancora) e, anche se segnava sempre, ai provini lo bocciavano regolarmente. Mentre girovagava tra le serie minori, per arrivare (faticosamente) alla fine del mese ha fatto l’operaio per un paio d’anni, finché dalla C tedesca è finito nella B belga, all’Union St. Gilloise, e da lì ha spiccato il salto, conquistando la promozione a suon di gol e affacciandosi al calcio che conta. Dopo un passaggio al Brighton con De Zerbi lo ha voluto lo Stoccarda, convinto da Hoeness: “Era venuto a studiare gli allenamenti di De Zerbi, gli parlai, capii che sarebbe stato l’allenatore giusto per me”. Oggi, a 28 anni, Undav gioca in nazionale: nelle ultime due partite è stato per la prima volta titolare e ha segnato tre gol.
Il giovane Hoeness, predestinato ma non raccomandato
Ma è con Hoeness che lo Stoccarda è entrato in una dimensione nuova, lasciandosi alle spalle le altalenanti vicende degli ultimi vent’anni: Sebastian è un allenatore giovane (42 anni, la stessa età di Thiago Motta: i due assicurano di stimarsi a vicenda), con una carriera da giocatore irrilevante ma un trascorso familiare imponente, visto che è figlio di Dieter Hoeness e nipote di Uli, fratello di Dieter, ovvero di due giganteschi centravanti che hanno retto per oltre tre lustri l’attacco del Bayern Monaco: Uli dal 1970 al 1978 (ha vinto tre Coppe dei Campioni, oltre al Mondiale ’74), Dieter dal 1979 al 1987 (nel 1986 è stato vice-campione del Mondo). Dieter è poi diventato dirigente di Hertha, Stoccarda e Wolfsburg, Uli presidente del Bayern prima di finire in galera per evasione fiscale: nel fussball tedesco gli Hoeness sono una famiglia potentissima e Sebastian, che invece era centrocampista (ha smesso presto, a 28 anni), ha cominciato ad allenare con la patente del raccomandato. S’è capito presto capito di che pasta fosse fatto, visto che la sua carriera da professionista della panchina è cominciata con la promozione dalla terza alla seconda serie del Bayern B, quello delle riserve, impresa mai riuscita a nessuno prima. Dopo due stagioni discrete all’Hoffenheim, a Stoccarda ha mostrato miracolo, distinguendosi per un gioco attraente, veloce, offensivo ma tutto sommato in linea con i canoni tattici della Bundesliga, dove i ritmi sono forsennati, il coraggio di osare ce l’hanno tutti e la fantasia non manca mai. In definitiva, il suo pregio maggiore, la sua peculiarità, è la valorizzazione dei giocatori che allena, che con lui raggiungono regolarmente l’apice della carriera: attaccanti di provincia diventano cannonieri infallibili, mestieranti del centrocampo, difensori rudi o ali incostanti trovano magicamente la continuità e finiscono in nazionale. Il cognome che porta non è quello di un raccomandato, ma di un predestinato.