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Thiago Motta, nessuna emozione nella notte più buia. Per ora il tecnico resta al suo posto

I bianconeri non perdevano 4-0 in casa dal 1967, però la sconfitta contro l’Atalanta non ha scosso l’allenatore: “Sono dispiaciuto, ma non faccio sceneggiate”. Al momento la panchina non è in bilico

Torino – Ciò che resta della Juventus dopo la sconfitta più umiliante degli ultimi 57 anni (4-0 nel derby dell’autunno 1967) sono una dirigenza senza parole e un allenatore senza emozioni, frastornati ancor più della frastornata gente che non aveva più nemmeno la forza di fischiare e ha preso ad abbandonare lo Stadium man mano che l’entità della sconfitta contro l’Atalanta s’andava arrotondando.

Dopo Champions e Coppa Italia, addio anche allo scudetto

Come dopo le eliminazioni da Coppa Italia e Champions League (questa è l’“eliminazione” dalla corsa scudetto, o almeno dal terzo posto) né Giuntoli né altri dirigenti hanno preferito metterci la faccia, la voce. Lo faranno a freddo, dopo aver riflettuto. Sul futuro di Thiago Motta? Anche, benché non sia alla viste alcun tipo di provvedimento. Non meno sorprendente è stata l’atarassia dell’allenatore, che commentava un’umiliazione epocale con toni quasi neutri, quasi si trattasse di una sconfitta come tante, di una serata sfortunata, di un episodio negativo da archiviare in fretta.

Thiago Motta: “Non vedrete reazioni che non sento, sono una persona seria”

Gli hanno domandato se fosse arrabbiato, se non gli fosse venuta almeno voglia di prendere a calci una bottiglietta d’acqua e invece niente. Calma assoluta: “Non faccio sceneggiate, sono una persona seria, sono una persona onesta che riconosce la superiorità dell’avversario. Ho l’obiettivo e la responsabilità di cominciare bene il lavoro della settimana, ma da me non si vedrà mai una reazione che non sento veramente. Sono triste, sono dispiaciuto”. Incavolato dunque no, a meno che l’ostentazione di questo gelo emotivo non sia strategica, un modo per evitare di agitare ulteriormente gli animi di una squadra molto fragile psicologicamente, che quando reagisce reagisce di nervi (come nella vittoria contro il Verona), ma che quando si trova in difficoltà si squaglia: magari Motta ha preferito mantenere la calma e non esasperare la situazione in vista della gara di domenica 16 in casa della Fiorentina, delicatissima pure quella. Il massimo dell’emotività, l’allenatore l’ha toccato ammettendo che “questa sconfitta sarà difficile da digerire, non ci farà dormire, ma è il nostro lavoro e dobbiamo andare avanti. Adesso c’è da passare la nottata”.

La Juve ha fallito tutte le partite decisive

E così la Juventus ha fallito, disastrosamente, le tre partite chiave della stagione. Anzi quattro, volendo aggiungere anche la semifinale di Supercoppa perduta contro il Milan. Ogni volta che c’è stato qualcosa di decisivo in palio, i bianconeri si sono squagliati: a Eindhoven in Champions, in Coppa Italia contro l’Empoli e adesso in campionato, nella notte che poteva introdurre la squadra in una dimensione più adeguata alle sua storia. Gli appuntamenti decisivi i bianconeri li hanno mancati in maniera fragorosa senza tuttavia trarne delle lezioni in qualche modo utili, in base a uno degli aforismi più usati (e abusati) nel mondo dello sport: o perdo o imparo. Ma alla Continassa, sembra che piuttosto di volta in volta si disimpari.

La complicata gestione delle sconfitte

Di sicuro le sconfitte sono state gestite sempre abbastanza male, sempre in assenza della voce della dirigenza e sempre con un Thiago Motta a suo modo sorprendente. In Olanda era stato quello del “rifarei tutto quello che ho fatto”, in Coppa Italia quello del “mi vergogno, spero si vergognino anche i giocatori”, mentre domenica notte era semplicemente quello che accusava la squadra “di aver perso l’equilibrio dopo il rigore”, non notando che prima i suoi giocatori non avevano fatto un solo tiro in porta. Ma in definitiva l’unico commento concreto è stato quello: “Con l’Atalanta, se attacchi senza organizzazione ed equilibrio vieni punito”. Chi l’avrebbe mai detto. In quanto alle sconfitte sistematiche nelle partite cruciali, l’allenatore se l’è cavata così, assai discutibilmente: “La Juventus è una grande squadra, tutte le partite sono fondamentali”.

La squadra non crede nei principi di gioco di Thiago Motta

E adesso? Sarà un’altra settimana di confronti, analisi, introspezioni, ma resta il fatto che il principale problema della Juventus è la clamorosa carenza di personalità, che si esprime anche attraverso l’incapacità di gestire le partite che escono dal binario programmato. La Juve non ha istinto, ha scarse capacità di lettura dei momenti, si spaventa in fretta, non sa mandare le partite in vacca (a volte, perso per perso, funziona la strategia del caos: buttare la palla in avanti e creare confusione) e, in tutta evidenza, non ha fiducia assoluta nei principi di gioco che le ha trasmesso l’allenatore, se basta un po’ di vento contrario per scompigliarli. Thiago Motta è un teorico che non ancora saputo tradurre quasi nulla in pratica: marzo è quasi a metà e la Juventus non ha un’identità, e non sembra neanche accorgersene.

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