Rieccolo che si riaffaccia. Il razzismo negli stadi. Gli insulti. Le offese. “Finché sono cori contro vanno bene, è una partita di calcio” dice con lucidità il portiere del Torino Milinkovic Savic.
Ha appena parato il rigore a Retegui, salvato il risultato della sua squadra che torna da Bergamo con un ottimo 1-1, ha il premio di migliore in campo in mano, ma è irritato, nauseato da quello che ha subito dalla curva avversaria. “Non ho alcun problema con gli insulti, ci stanno durante la gara. Ma quando non sono più solo cori, ma offese razziste, quando ti dicono «zingaro», «serbo di m..» allora non va più bene”. E cosa ha fatto? “Non ho detto niente, mi sono girati a guardarli”. E poi? “Nulla. Queste cose non possono esistere in campo. E non si possono lanciare oggetti, non è il modo giusto. Non è sport questo. I tifosi giusti devono stare dietro alla loro squadra, non pensare a insultare me o lanciarmi oggetti mentre sono in campo”. L’arbitro non ha interrotto la gara, non è stato chiesto ai microfoni dello stadio di interrompere i cori, il lancio di bottigliette e accendini. E il portiere del Toro è stato ammonito.
Il precedente con Vlahovic
Nel 2021 e nel 2023, stesso stadio, stessa musica. Vlahovic al termine di un Atalanta-Fiorentina quasi si mette a piangere nell’intervista post partita mentre gli urlavano offese razziste. Si presenta con la Juventus due anni dopo e viene bersagliato dallo stesso coro: «serbo di emme e zingaro». L’arbitro interrompe il gioco e la musica si spegne. Fino ai minuti di recupero. Riprendono i cori per cinque minuti, lui finge di ritmarli e viene ammonito.
Il caso di Lukaku e la grazia del presidente
Stankovic, Maignan, Koulibaly, nei nostri stadi si è sentito di tutto. A offendere siamo campioni. Impossibile elencare tutti gli episodi. Resta però nella mente l’ammonizione (era la seconda, è valsa l’espulsione e quindi gli costava la squalifica) di Lukaku allora nell’Inter per esultanza post cori razzisti durante l’andata della semifinale di coppa Italia contro la Juventus. I giudici sportivi nei due gradi di giudizio la confermarono, ma il presidente della federcalcio Gravina gli concesse la “grazia” e la cancellò. Una decisione storica che però non è diventata la regola.