Juric dice che «non è una sfida da Champions, il nostro ciclo è diverso». E si suppone che consideri l’Atalanta di una dimensione inferiore rispetto alla Juventus, non nello specifico della partita di oggi ma in senso lato, nelle capacità di spesa e nelle possibilità di sviluppo. Anche Tudor parla a suo modo di categorie, quando osserva che Cambiaso «può giocare in una delle squadre migliori, come Real, City o Liverpool, deve solo convincersene e acquisire costanza». Nel suo caso, dunque, si presume che non consideri la Juventus un club di primissima fascia, ma è un fatto di realismo: per fatturato e, di conseguenza, patrimonio tecnico, i bianconeri appartengono oggi a un livello che sta un gradino sotto ai club citati da Tudor.
Il bilancio
Il tifoso storcerà il naso, ma la realtà è questa e la raccontano anche i numeri del bilancio al 30 giugno, chiuso con un rosso di 58,1 milioni (un anno fa aveva sfiorato i 200). La dirigenza aveva ipotizzato un’esposizione minore, anche grazie agli introiti arrivati da Champions e Mondiale, ma alla fine le previsioni sono state sballate dai costi per il siluramento di Thiago Motta e Giuntoli, dai risultati meno brillanti del preventivato, con l’eliminazione ai play-off nella scorsa della Champions, e dalla necessità di spendere nell’ultimo mercato di gennaio. Il pareggio è ipotizzato nel 2027. All’assemblea del 7 novembre verranno proposti un ulteriore aumento di capitale fino a 110 milioni, di cui 30 già stanziati prima dell’estate, e i nomi dei membri del cda candidati dall’azionista di maggioranza (Chiellini e Comolli) e da quello di minoranza: Tether, che ha superato il 10%, potrebbe esprimere un consigliere. Il club ha anche ottenuto un prestito di 150 milioni, con tasso al 4,15%, da rimborsare entro il 2037.
Un passato nelle giovanili insieme
In questa orgia di numeri, gli allenatori hanno la responsabilità di portare risultati, che nel linguaggio dei contabili si chiamano introiti: è il destino dei tecnici moderni e che riguarda anche l’amicizia antica di Tudor e Juric, cresciuti entrambi nelle strade di Spalato e poi nel vivaio dell’Hajduk. Hanno giocato per qualche tempo assieme, benché Juric sia di tre anni più grande: la sua carriera da calciatore è stata inferiore a quella di Tudor, ma come allenatore ha cominciato prima. Il punto indiretto di contatto è stato il Verona, che Juric lasciò nel 2021 dopo un biennio formidabile: il filo spezzato dal breve interregno di Di Francesco lo riannodò Tudor, che ripristinò i principi di gioco del collega ottenendo risultati anche migliori. Ancora oggi applicano il medesimo modulo, il 3-4-2-1, entrambi danno importanza cruciale ai due fantasisti dietro al centravanti (oggi Tudor può lanciare dal 1’ Zhegrova, mentre Juric recupera De Ketelaere e darà qualche minuto in più a Lookman) ed entrambi predicano un calcio che si può definire metallaro, se si pensa alla passione smodata di Juric per l’hard rock. «Ivan non è il mio miglior amico ma è un amico», dice Tudor: «Ha un modo di allenare fantastico e un po’ sottovalutato, ma adesso è in una squadra da Champions e quindi il suo valore è stato riconosciuto». La sfida di oggi stabilirà delle gerarchie e la Juve può di nuovo finire il sabato in testa alla classifica. Ma nel ranking Uefa l’Atalanta, 17ª, è dieci posizioni sopra: tocca a Tudor recuperare il terreno sul vecchio amico, che vive dell’eredità lasciata dal maestro Gasperini.