TORINO – Igor Tudor ha spiegato che “non sarebbe educato parlare del passato” e infatti non ha mai citato Thiago Motta: non sarebbe stato elegante e non avrebbe neanche avuto senso. Lo ha citato però Giuntoli: “Resto convinto che farà l’allenatore ad alti livelli”. Tuttavia ogni paragrafo del manifesto programmatico del nuovo allenatore della Juventus – confermato fino al Mondiale per club, “poi ci siederemo a un tavolo e parleremo” – ha rappresentato un progressivo allontanamento dai nove mesi di un passato franoso sprofondato in un presente diventato spaventoso.
Dove giocheranno Yildiz e Koopmeiners
Tudor non ha parlato di svolte, cambiamenti, rivoluzioni ma, leggendo le sue parole in controluce, tutto racconta di un ribaltamento di metodi e di abitudini, come se ci fosse bisogno di cancellare un incidente della storia. D’altronde, Tudor è esattamente l’opposto di Thiago Motta in quanto a carattere e caratteristiche tecniche: più che un allenatore nuovo, la Juve si è affidata a un allenatore diverso, che per educazione non parla del passato ma se ne distanzia sottilmente. Non è complicato, infatti, intuire a cosa si riferisce quando afferma, parlando di Yildiz e Koopmeiners in particolare: “Proverò a trovare le posizioni giuste per loro, è il mio obiettivo. Si devono sentire a loro agio giocando dove possono fare di più. Ma quando uno è forte, è facile trovargli un ruolo”.
Chi sarà il capitano della Juve con Tudor
È il primo antimottismo dichiarato: se prima ruoli e posizioni fisse non esistevano, adesso si tornerà a una certa classicità, anche se Tudor sfrutterà in ogni caso gli effetti di qualche forzatura di Thiago, sfruttando ad esempio ciò che ha imparato Locatelli facendo il difensore o Nico Gonzalez pendolando sulla fascia quasi come un terzino. A proposito di Locatelli: il capitano sarà lui e lui solo, senza più il vagabondaggio della fascia da un braccio all’altro. Tudor cercherà dei leader, non li ha ancora trovati, “ma alcuni giocatori li ho conosciuti ieri, come faccio a dire chi potrà diventarlo?”.
Le parole di Tudor su Vlahovic
Però riporterà al centro Vlahovic, che era ai margini da tre mesi non solo per una decisione tecnica, ma anche societaria. Il serbo si è subito tagliato un giorno di ferie, perché ha subito capito come gira adesso il fumo: “Sta vivendo un momento così, gli ho parlato. Si tratta di un giocatore fortissimo che sono felice di allenare. Dissi che per me era il miglior attaccante della Serie A ma le mie non sono parole, sono fatti. Dusan ha le doti di un attaccante di prima classe, è intelligente, è un trascinatore. Può giocare con Kolo Muani”.
La scelta del modulo
Il resto del distanziamento lo scopriremo nel tempo. “Le mie squadre hanno giocato a tre o a quattro, a uomo o a zona, ma più che il modulo la differenza la fanno spirito e stile. Lo spirito voglio vederlo subito, per il resto mi serviranno due o tre settimane”. Il filo conduttore della sua presentazione è stato il radicato juventinismo: nel pianeta Juve, in fondo Motta era un alieno, mentre Tudor ha vissuto qui “i miei anni più formativi”. Ha raccontato aneddoti su Zidane e Del Piero, sulle lezioni di umiltà apprese da loro, su quello “spirito” sul quale ha più volte insistito perché “alla Juve non frega a nessuno se sei giovane o vecchio, devi vincere e basta”. L’età non è dunque più un alibi e “io non cerco scuse, ma sfide”. Però, è anche vero che “non si vince con il senso di appartenenza, se no basterebbe far giocare i tifosi”. Almeno lui li avrà dalla sua parte, è già qualcosa.