MILANO – La squadra più giovane della Liga contro la più vecchia della Serie A. Quella che ha segnato di più in questa Champions League contro quella che ha concesso meno gol. E una distanza di prospettive enorme: se il Barcellona è a inizio ciclo, con un nuovo allenatore e stelle poco più che adolescenti, molti dei giocatori della rosa dell’Inter sono all’ultimo giro di giostra. Lo ha detto Henrikh Mkhitaryan, 36 anni compiuti, con il solito mezzo sorriso di chi non è serio ma nemmeno scherza. “È la stagione più faticosa. Mi rimangono due anni da giocare, ma potrei smettere già alla fine di questo”.
I tanti “vecchi” dell’Inter
Oltre all’armeno, sono tre gli over 35 che Inzaghi ha impiegato nella cavalcata verso la semifinale: Sommer, Acerbi e Darmian, tutti con contratti in scadenza nel 2026. Difficile che resteranno alla Pinetina a fare da chiocce ai giovani, come Cordoba nell’Inter del Triplete. La proprietà americana è stata chiara: largo ai giovani, dopo anni di parametri zero, spesso stagionati. Anche per questo, la partita di domani all’Olimpico di Montjuïc, elegante e decadente come certe milonghe, potrebbe essere il palco dell’ultimo tango per uomini che hanno dato tanto, ma sanno di non poter dare molto di più.
Inter sfiatata contro la Roma
Se l’Inter ha preso meno gol di qualsiasi altra squadra in questa Champions, appena 5 in 12 gare, è per l’organizzazione, l’affiatamento di un gruppo che da quattro anni risponde allo stesso tecnico, ma anche per la gamba, quando serve. Ed è quest’ultimo punto a preoccupare. Più degli infortunati – Pavard resterà a Milano, mentre si farà di tutto per portare in Catalogna Thuram – salta all’occhio la forma di chi dovrebbe stare bene. Le immagini di Inter-Roma non si cancellano: Dimarco che, sconsolato, rinuncia a rincorrere una palla, battezzandola troppo lunga; Çalhanoglu che rientra a testa bassa, con in volto la fatica del maratoneta. Più dei 29,1 anni di età media, a pesare sono le 52 partite giocate finora, tre in più del totale disputato nella scorsa stagione.
L’avvicinamento del Barcellona
Ancora più alta è la lancetta del contatore delle gare del Barcellona, a quota 53. Ma a vederli in campo, nella finale di Coppa del Re contro il Real Madrid, i ragazzi di Hansi Flick sembravano volare. Saranno i 25,1 anni di età media della rosa, ancor più bassa per il forfait del quasi trentasettenne Lewandowski. Sarà che quando tieni palla, a correre sono gli altri. E la squadra blaugrana, più verticale che in passato, palleggia volentieri. In Champions ha segnato 37 gol anche grazie a un possesso del 57,3 per cento. Otto punti in più dell’Inter, che di reti ne ha fatte 19 – poco più della metà – ma ne ha incassate appunto 5, contro le 17 dei catalani. Insomma: Spagna e Italia. Tiki-taka 2.0 contro un’evoluzione della saggezza tattica tricolore.
Il vulcano del 2010
Nel 2010, nella semifinale di ritorno di Champions, a Barcellona, la squadra di Guardiola attaccò e segnò. Quella di Mourinho difese e passò il turno, grazie a una squadra anziana (in spogliatoio c’erano sei capitani di nazionali) e a una partita strepitosa a San Siro, che i catalani raggiunsero in pullman per colpa di un vulcano islandese. Questa volta non è bastato il blackout a fermare l’aereo degli interisti. E al ritorno il Meazza sarà una bolgia, nonostante le tre sconfitte di fila, o forse proprio per quelle. Ieri, per accaparrarsi gli ultimi settemila biglietti, in un’ora si sono messi in fila in 60mila.