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Una Champions mai vista, più gol e tante incognite

A Lipsia è nata la Juventus di Motta come a Liverpool il Bologna di Italiano. Ma la nuova formula sta regalando altro. Risultati imprevedibili, equilibrio e tante goleade: una gara su tre finisce con almeno tre gol di scarto

Due turni sono pochi per distillare dati certi, semmai qualche tendenza. Ma due turni fanno comunque 36 partite, e dunque tante storie che hanno trovato nella nuova Champions League — sempre di più il torneo dominante, e gli affanni che accompagnano la gestazione del Mondiale per club sono in qualche modo connessi — terreno fertile per svilupparsi. È iniziato ottobre, è passato un mese dalla chiusura del mercato che tutti hanno giudicato tardiva — facciano qualcosa, allora — e possiamo togliere dal tavolo un po’ di attenuanti perché il tempo per assemblare una squadra comincia a essere consistente.

La mentalità della nuova Juve

Thiago Motta, per esempio, ha lavorato bene in estate con i giovani, protagonisti delle prime due giornate di campionato, e l’ha fatto evidentemente anche in settembre con gli acquisti di peso, da cui l’importante esibizione di Lipsia. In genere le grandi squadre nascono in trasferta, quando la reazione alle difficoltà tecniche o ambientali certifica il livello, la coesione e l’ambizione di un gruppo di giocatori. La Juventus è salita di due gradini rispetto alle partite di campionato, nelle quali aveva fin qui evitato di correre rischi accettando le conseguenti difficoltà offensive (e i sarcasmi su un ritorno al passato). A Lipsia si è trovata sotto di un uomo e di un gol, e dopo il gran colpo di Vlahovic a fissare il 2-2 ha preso la strada opposta alla tradizione italianista: nessuna sostituzione protettiva, ma ricerca del gol della vittoria in 10 contro 11. Se difendersi in inferiorità è un’arte da trapezisti, attaccare con l’uomo in meno vuol dire togliere la rete e volteggiare nel vuoto. Mentalità.

Il coraggio del Bologna a Anfield

La sera in cui Thiago si è impadronito della Juve è anche la sera in cui se n’è definitivamente andato dal Bologna. Ma qui Motta è soggetto passivo, perché a soffiarlo via (assieme a Zirkzee, Calafiori e i ricordi della squadra che fu) è stato Vincenzo Italiano con la prestazione di Anfield. Il Bologna ha tenuto il (difficile) campo con coraggio e perizia ed è bastato a se stesso per farsi applaudire dai tifosi senza gli umani ma deleteri rimpianti su chi c’era e non c’è più. Anche se non ha portato punti, ad Anfield è stata posata la prima pietra del Bologna di Italiano. Quelle di Gasperini e dell’Atalanta, invece, non le contiamo più, ma quando ragioniamo sul fatto che l’obiettivo normale debba essere un posto nei playoff “alti” — dalla nona alla sedicesima posizione — occorre sempre fare mente locale su quali fossero le ambizioni del club nove anni fa. E dunque sul salto di qualità effettuato.

Il bilancio delle italiane

In attesa di capire quanto e come l’inchiesta sulle curve impatterà sulla stagione delle milanesi — e qui non si intendono tanto gli eventuali provvedimenti, tutti da capire, quanto il clima plumbeo che è calato sulla città calcistica una volta apprese le dimensioni dell’infiltrazione criminale — la Champions è ancora affare di tutte le cinque italiane: Juve, Inter e Atalanta navigano sicure verso le fasce alte dell’eliminazione diretta, ma il calendario assicura altre chance a Bologna e Milan malgrado il magro bottino raccolto fin qui. Ed è proprio lo studio del calendario la differenza principale tra vecchia e nuova Champions, con tutti gli appassionati a stilare tabelle nelle quali sarà bene infilare qualche sorpresa: dopo un primo turno abbastanza fedele ai pronostici, infatti, il secondo ha scoperchiato una serie di risultati imprevisti.

I ko a sorpresa delle big

Hanno perso Real Madrid, Bayern, Atletico e Psg: non sono ancora risultati preoccupanti, ma segnalano un equilibrio sul quale non ci illudevamo dopo il primo turno, quando il Bayern aveva battuto la Dinamo Zagabria 9-2, risultato assurdo in una competizione del genere. Mercoledì i campioni di Croazia hanno sfiorato il successo sul Monaco: 2-2 con rigore allo scadere del monegasco Zakaria, e sì che nel primo match il Monaco aveva addirittura battuto il Barcellona. S’è rifatto il Feyenoord in casa del Girona, ha mollato i panni dell’outsider il Celtic, che la prima sera aveva segnato cinque gol allo Slovan Bratislava e la seconda ne ha presi sette dal Borussia Dortmund. Sì, ci sono molti risultati larghi in questa nuova Champions, una gara su tre è finita con almeno 3 reti di scarto. E quindi le sorprese sono il contrappeso ideale per non derubricare a scontata la prima fase. Che comunque pesa. Chi ha giocato gare di campionato importanti nel weekend — dal derby di Madrid a Bayern-Bayer — ha poi faticato in Champions. Niente di certo ancora, ma questa è una tendenza.

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