Del Var a chiamata, in Italia, si parla da anni e a ogni errore di un arbitro il discorso torna di strettissima attualità invadendo le tribune televisive e persino i pensieri del designatore Rocchi. Ma a fine agosto l’idea di introdurre anche in Serie A il challenge, ossia la possibilità per gli allenatori di chiedere all’arbitro di rivedere un rigore non dato o qualsiasi altro episodio, ha fatto un salto di categoria.
La proposta di Gravina
A far propria quella suggestione è stata addirittura la Federcalcio: il presidente Gabriele Gravina ha inviato una lettera all’Ifab (il board che vigila sul regolamento) chiedendo ufficialmente la possibilità di sperimentare il Var a chiamata nei campionati giovanili e in Serie C. L’Italia è l’unico grande paese europeo ad aver fatto questo passo. Una mossa anche “politica”: la Lega Serie A infatti aveva inserito i challenge tra le proprie ipotesi di riforma e in Figc, nel tentativo di distendere i rapporti, hanno accolto l’istanza rivolgendola a chi deve autorizzare eventuali sperimentazioni. Gianluca Rocchi, il designatore, ha per la prima volta aperto alla novità: «Di sicuro il Var a chiamata è una bella alternativa, potrebbe essere una soluzione complementare per aiutare l’arbitro a prendere una decisione corretta».
La svolta anche a Wimbledon
Ma la voglia di tecnologia ha da tempo varcato i confini di uno stadio di calcio. E presto violerà un tempio come Wimbledon. A luglio, al via dell’edizione numero 138, il più antico evento tennistico al mondo manderà in pensione i giudici di linea e la loro inconfondibile livrea per sostituirli con la Live electronic line calling, ossia la chiamata elettronica: una sorta di Var, già utilizzata nei tornei americani. Ed è significativo che persino i custodi della tradizione, l’ultimo torneo in cui i gesti sono ancora bianchi come l’etichetta impone(va), ceda alla tentazione di affidarsi a un giudice infallibile, ma senz’anima. Il calcio lo ha fatto da tempo e ora vorrebbe il salto ulteriore: far scegliere alle squadre quando debba intervenire il video arbitro. Eppure esiste un mondo in cui il Var a chiamata è già realtà. Bisogna allontanarsi dai campi della Champions e dei campionati di vertice. Si chiama Football video support ed è una soluzione low cost implementata dalla Fifa per chi non ha le risorse – da quelle economiche alle telecamere che riprendono l’evento – per supportare il Var. è stato testato a maggio alla Youth Cup e nel Mondiale Under 20 femminile.
La sperimentazione del Var a chiamata
Funziona a chiamata ed è l’arbitro ad andare a bordo campo a controllare, da solo, le immagini per rivedere. Ogni squadra ha un numero limitato di chiamate, solo due, ma se l’arbitro dà ragione a chi ha richiesto la revisione al monitor, la chiamata non viene sottratta dal conto. Per applicare il Football video support bastano 3 telecamere, per questo è stato introdotto anche nel calcio a 5. In futuro, potrebbe attecchire in campionati come la Serie C o D, dove le risorse sono limitate. Insomma, avremo un Var a chiamata in Italia. Ma non come immaginavamo. La risposta alla Federcalcio infatti sarà un deciso “no”. L’Ifab non autorizzerà l’Italia a sperimentare una riforma che non convince. Perché metterebbe in discussione, prima di tutto, le figure dei Video match official, gli arbitri al monitor: che senso avrebbe tenere due persone a seguire tutta la partita, se poi a dire all’arbitro che ha sbagliato deve essere un allenatore (o qualcuno per lui)? E poi: se già oggi ogni episodio viene rivisto, a che serve il challenge? Senza considerare il rischio di creare un’aspettativa positiva in chi fa richiesta. Per tutto questo a livello internazionale il Var a chiamata fatica decisamente ad attecchire. Con buona pace delle richieste della Serie A.