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Vi racconto chi era Totò Schillaci: io e mio padre, l’ultima estate fra ricordi e risate

La semplicità come virtù, la fama mai coltivata: questa è l’eredità che ci lascia. Prima di morire ha detto a noi figli: “A me importa solo di voi”

Questo è il regalo che dovevo a mio padre. Raccontare ai milioni di italiani che ha fatto gioire, chi era l’uomo che si nascondeva dietro quegli occhi fuori dalle orbite. Era un uomo semplice e la semplicità è una virtù, la stessa virtù che mio padre mi ha lasciato in eredità. Per carità, non aveva l’ambizione di tenersi alla larga dalla fama ma non l’ha nemmeno coltivata, alternando momenti di popolarità a momenti in cui è completamente scomparso dai radar dei mass media.

Ed è soprattutto in quei momenti che mio padre è stato un grande padre. Tre giorni fa, al suo capezzale, io e mio fratello Mattia gli abbiamo detto che davanti all’ospedale c’erano già le tv. Ci ha risposto: «A me importa solo di voi». E ci ha chiesto scusa perché ha pensato di non essere stato presente tutte le volte che avrebbe voluto, che noi avremmo voluto. Io faccio l’infermiera a Verona e sono tornata per stare assieme a lui in questi giorni di profondo dolore.

Conosco la trafila del fine vita ma intraprendere questo cammino con il proprio padre, con un padre giovane, è davvero lacerante. Abbiamo parlato, abbiamo anche scherzato finché è stato possibile. Abbiamo ricordato i momenti più belli delle nostre vite, quelli che non si potranno mai dimenticare, che nessuna morte potrà mai portarmi via.

Quando papà svoltò, quando fu acquistato dalla Juventus, io avevo due anni e mio fratello Mattia era appena nato. Papà da bambino tifava proprio per la Juve e ci raccontò dell’emozione provata quando incontrò Boniperti, della stretta di mano con il presidente. «Per me era un sogno indossare la maglia bianconera», ci raccontava.

Io ho vissuto la vita di una bambina figlia di un personaggio famoso, non ci ho capito molto ma mi piaceva l’amore delle persone che per strada incontravano papà, alcuni esageravano addirittura inchinandosi quando lo vedevano. Mi rendeva felice tutto quell’entusiasmo. È stato a suo modo un eroe ma per me era solo un padre. Il nostro rapporto non è stato sempre facile, ma quale rapporto fra genitori e figli è facile? Certamente, non è stato facile dirgli addio.

Il suo quadro clinico non lasciava nessuna speranza ma io avrei voluto salvarlo, non è stato possibile. Mi restano i ricordi: le serate felici di una bambina figlia di un calciatore importante e poi di una ragazza che ha il padre chiamato di tanto in tanto in televisione. Come l’anno scorso per “Celebrity chef” di Alessandro Borghese. Abbiamo passato, io e papà, una notte in macchina dall’Umbria al Veneto per raggiungere il set in tempo per le riprese. Quanta stanchezza all’arrivo ma quante risate dietro le quinte del programma. Una felicità che ha sorpreso sia me che lui e che è tornata questa estate.

Ho preso le ferie a luglio per stare assieme a papà. Siamo andati al mare a Isola delle Femmine, avrebbe voluto portarmi in barca ma faceva già tanta fatica. Ci siamo accontentati di un bagno al mare e di un super pranzo a base di pesce. È stato bellissimo, c’era chi salutava l’eroe di Italia 90 e chi — i ragazzini — l’ex calciatore che non avevano mai visto giocare ma che avevano scoperto in tv. Quando mi ha riaccompagnato all’aeroporto si vedeva che faticava.

La situazione è precipitata negli ultimi giorni: papà ha iniziato a giocare una partita che sapeva già di avere perso. Ma se l’è giocata fino in fondo pensando non a sé stesso ma alle persone che ha amato e che continuerà ad amare ovunque si trovi adesso. Ovunque siano i suoi occhi fuori dalle orbite.

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