Nel giorno in cui avrebbe compiuto 68 anni, Vicenza ha reso omaggio a Paolo Rossi, suo cittadino onorario, svelando un murales lungo 60 metri a lui dedicato. L’opera, realizzata dallo street artist brasiliano Eduardo Kobra, si trova sulla parete sud della Torre Everest di viale Torino e guarda verso Monte Berico.
Kobra: “Un’immagine che celebra il calciatore ma anche l’uomo”
L’ex attaccante, prematuramente scomparso il 9 dicembre 2020, è stato ritratto esultante a braccia aperte con la maglia della nazionale con alle spalle dei tifosi festanti. Un’immagine iconica della sua carriera da calciatore e anche simbolica dell’uomo, capace di donare quasi sempre un sorriso a tutti. “Paolo Rossi è stato un simbolo di passione, impegno e umiltà”, sottolinea Eduardo Kobra. “Rappresentarlo in un murale è un modo per celebrare non solo il suo talento sportivo, ma anche i valori umani che ha incarnato”.
Un’idea nata nel 2021 per riqualificare la Torre Everest
L’idea del murale è nata nel 2021 quando si volle ristrutturare e riqualificare il grattacielo, simbolo del boom economico degli anni ’50. E a portare avanti il progetto ha pensato l’associazione culturale Wallabe, in partnership con l’azienda vicentina di consulenza e formazione in ambito ingegneristico Imprendo Srl, e grazie nche alla collaborazione, tra gli altri, dello stesso Lanerossi Vicenza, della Paolo Rossi Foundation e dell’Aic.
Altobelli: “Paolo merita quest’opera, è stato un simbolo e un esempio”
Alla cerimonia di inaugurazione, in cui era presente la moglie di Rossi, Federica Cappelletti, hanno partecipato, tra gli altri, anche due suoi grandi amici, Antonio Cabrini e Alessandro Altobelli che lo ha voluto ricordare così: “Siamo venuti per salutare Paolo ancora una volta. Oltre ad essere stato un nostro amico, è stato per gli italiani il simbolo del calcio per tanti anni. E tutti gli vogliamo bene. E’ stato un goleador magnifico, un uomo eccezionale, si merita tutto questo. Ogni volta quando ci vedevamo aveva il sorriso che lo contraddistingueva sempre e non ti faceva mai capire in che stato fosse… Noi della nazionale poi avevamo un grande rapporto, e lo abbiamo dimostrato in campo. Per vincere un Mondiale bisogna essere innanzitutto amici e poi calciatori”.