TORINO – Del Piero che fa i complimenti a Yildiz che fa i complimenti a Del Piero, per quel gol di Del Piero che lui non aveva mai visto (30 anni fa), dopo avere segnato un gol alla Del Piero che al mercato mio padre comprò. “Bravissimo”. “Ma bravo anche tu”. Viene in mente il grande Ottavio Missoni quando diceva, a proposito dei suoi celebri tessuti dai mille colori geometrici: “Gli Aztechi el son duemila anni che el me còpian”.
Il brevetto di Del Piero trent’anni fa con il Dortmund
Il dopopartita televisivo di Sky ha unito i lembi di una storia che un pallone rotante aveva squadernato, perché si sa che i classici sono soprattutto citazioni. E nulla è più classico del “tiro a giro” che Alessandro Del Piero brevettò il 13 settembre 1995 a Dortmund, contro i gialli, per poi produrlo in serie negli anni a venire. Il fatto che Yildiz lo abbia replicato nella città delle catene di montaggio (un tempo, ora molto meno) è più di una suggestione.
Yildiz: “È stato un gesto istintivo”
Il ragazzo col numero 10 parla di fronte alla leggenda col numero 10, che in studio gli fa una serie di domande tra cui: “Questo colpo te l’eri studiato? Ci hai pensato, mentre lo facevi?” E Yildiz gli ha risposto: “No, mi è venuto così, è stato un gesto istintivo”. Del Piero è il primo a sapere che la classe non si pensa ma si vive, con inspiegabile naturalezza. Lo ha anche spiegato in un libro niente male: “Io ho sempre tirato e i gol venivano, però non saprei dire come”. La storia fa di questi scherzi, va e torna: anche lei, in fondo, è un tiro a giro.
E c’è anche l’assist a Vlahovic
Oltre a quel pallone rotante come le lame di Goldrake, appena più antiche del gol “alla Del Piero”, Yildiz ha offerto a Vlahovic l’assist per il primo gol dell’attaccante ritrovato, pure lui come quel famoso pallone: è tornato in porta dopo un bel giro, che negli ultimi mesi pareva un giro a vuoto. E’ evidente che il 10 bianconero sia la migliore idea di una squadra matta ma effervescente, capace di far segnare a Kelly un gol (un altro!) con un tuffo di testa alla Gigi Riva, e l’ultimo passaggio è di Vlahovic. Una specie di rinascimento bianconero, che però ha pure momenti di pericolosa decadenza: “Non possiamo prendere gol dopo gol”, dice infatti Vlahovic. “Bisogna leggere meglio le partite e chiuderle prima”. Bisogna, soprattutto, evitare di prendere tutti questi gol da fuori area: addirittura 5, nell’enormità di 8 in due gare dentro la porta di Di Gregorio, anche lui ultimamente un po’ decadentista.
La Juve diventa pazza
Pazza Juve amala, finirà che i tifosi canteranno così. Più preoccupanti le distrazioni che aprono la strada agli avversari, oppure più entusiasmanti le invenzioni che quella stessa strada la spalancano alle punte bianconere, comprese, come Kelly, quelle occasionali? Il dibattito è aperto, ma con un paio di certezze. La prima è il nuovo Vlahovic, che ammette: “Certo che voglio tornare titolare, lo sono stato per tanti anni in tutte le squadre in cui ho giocato, segnando un bel po’. Adesso il mister ci ha detto che vuole cambiare tanto: il mio compito è allenarmi più di tutti, e fare gol. Da titolare, oppure entrando dalla panchina”. La seconda certezza è Yildiz, che gode di una libertà assoluta: può partire più lontano dalla porta (come all’inizio contro il Dortmund, vista la simultanea presenza di David e Openda), ma poi quasi sempre le si avvicina per segnare, meglio se citando i classici, oppure per far segnare gli altri. Numero 10, ma anche 9 e mezzo, se serve. Nutrendosi dei padri fondatori juventini e delle loro fantasie: quella meravigliosa di Del Piero, ad esempio. Lui non l’aveva mai vista, ma l’aveva sempre saputa. Perché l’aveva dentro.