Che spreco, che peccato. Ci sono vite, e carriere sportive che di queste, a volte, sono specchio, segnate dalla dissipazione di sé stessi, del proprio talento e del proprio destino. La storia di Nicolò Zaniolo è così. Pur non avendo ancora compiuto 26 anni, sentiamo parlare di questo calciatore da un sacco di tempo, all’inizio per via delle sue imprese precoci in campo, che lasciavano immaginare sviluppi luminosissimi, poi sempre più per altre questioni: i gossip rosa, le peripezie social, le polemiche, fino all’incredibile scazzottata di cui Zaniolo si sarebbe reso protagonista nello spogliatoio dei ragazzi della Roma, la squadra che si pensava potesse essere quella della sua vita, una vita però felice, non sventurata.
In Nazionale prima ancora di giocare nel club
Nicolò Zaniolo è stato rapidissimo in tutto, anche nel buttarsi via. A vent’anni fu il più giovane giocatore della storia a segnare una doppietta in Champions League, con la Roma (alla quale farà poi vincere la Conference League segnando in finale con il Feyenoord) contro il Porto. Roberto Mancini lo chiamò in Nazionale prima ancora che Zaniolo avesse giocato un solo minuto in serie A, tale era la sicurezza di avere a che fare con un campione, forse addirittura con un fenomeno. Il calciomercato impazziva tra ipotesi, trattative e possibilità: tutta l’Europa del calcio aveva messo gli occhi su questo atleta totale, un po’ centrocampista e un po’ attaccante, alto come un difensore centrale e tecnico come un numero 10. Zaniolo sembrava avere tutto: fantasia, muscoli, potenza e duttilità. Uno di quei jolly che possono giocare sempre, e ovunque.
Gli infortuni, una giustificazione solo parziale
Ma la classe non basta, occorre anche un minimo di testa, e non solo per fare gol. Il sospetto è che quella di Zaniolo sia quantomeno fragile: i segni di immaturità, ormai non si contano. Va detto che la fortuna non sempre lo ha assistito: due infortuni gravi, compresi i legamenti crociati saltati come elastici. Però ci sono passati in tanti, Totti, Del Piero, Roberto Baggio, Ronaldo il fenomeno. Un campione non si lascia fermare dai colpi della malasorte, perché fanno parte del gioco e della carriera. Ma per essere campioni, non deve mancare niente. Nicolò Zaniolo, evidentemente, non fa parte della categoria.
Neanche Gasperini è riuscito a rilanciarlo
Per cercare altre strade, a un certo punto il ragazzo si è messo a girovagare, invano. E’ andato anche in Turchia, da dove è tornato a testa bassa. Pure l’Atalanta di Gasperini aveva creduto in lui, ma Nicolò non ha saputo sfruttare neppure quella che ormai è considerata un’autentica scuola di calcio dove quasi tutti, anche chi non è un fenomeno, escono migliori di com’erano entrati. Invece Zaniolo, ancora una volta, è uscito e basta, lasciando che noi lo ricordiamo solo per le paternità sbandierate sui social, le fidanzate in serie, le incursioni della mamma, la storia delle scommesse e adesso questa pazzesca faccenda delle botte con i ragazzini, ora che Zaniolo gioca nella Fiorentina senza che nessuno se ne sia accorto. Perché Nicolò Zaniolo ha cancellato sé stesso, distruggendosi. Una specie di secondo Balotelli, un altro Gascoigne (che pure, in confronto a Nicolò era Maradona). Che peccato, che tristezza.