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Zaniolo, l’ibrido di Spalletti e il viaggio felliniano di Mastorna

La rubrica ‘È sempre domenica’

Curioso, e pure significativo, il destino di Nicolò Zaniolo. Perdeva la Nazionale per infortunio quando la strameritava, la ritrova adesso per infortuni e squalifiche altrui quando: insomma. Curioso anche il fatto che ce lo riporti Spalletti, forse per cancellare il rimprovero ricorrente di averlo lasciato andare via dall’Inter quand’era giovane e forte per avere quel che restava di Nainggolan.

Zaniolo arriva sulle macerie di Pellegrini, suo ex compagno di sventure e incomprensioni nella Roma di Mourinho, che smise di attenderlo. Arriva sulla schiena dolorante di Zaccagni, sua nemesi personale: un duello che indusse Mancini (primo a credere in lui) a scaricare entrambi. Arriva uscendo dall’ombra di sé stesso, dall’occasione sprecata in Inghilterra, dall’ultima chiamata, quella che lo sottopone alle magiche alchimie di Gasperini per vedere se, come in De Ketelaere, anche in lui c’è brace da ravvivare. Arriva perché il ct si è affidato a uno schema dove le ali le fanno i terzini e quindi di esterni alti non ha bisogno e dove vicino al centravanti (pure quello, scoperto da Mancini e attivato da Gasperini) vuol mettere un ibrido. L’ibrido è quel tipo di calciatore che quando funziona è un fenomeno, quando no è un irrisolto. Va a elettricità e la produce, o consuma benzina e aspettative, molto spesso si ferma. Se lo cerchi sul catalogo trovi la foto di Zaniolo.

Quando apparve in molti pensammo di aver visto un re. Poi l’abbiamo visto piangere seduto sulla sella. E trottare via ai confini dell’indefinito. Ora è tornato, a 25 anni, con una corona di speranze. Gli hanno ridato la Serie A, la Champions (dove era stato il più giovane italiano a segnare una doppietta), la Nazionale perfino. Sulla fiducia, quella che non aveva avuto in passato e se l’aveva avuta non l’aveva ripagata. Diceva l’allora ct Prandelli che il talento va sempre atteso, anche quando si sta perdendo la pazienza. Si riferiva a Balotelli e Cassano e sappiamo come è finita.

Zaniolo non è ancora arrivato a quel punto di non ritorno ma, per quel poco che si è visto in questa stagione, non ha neppure ritrovato le coordinate in campo. L’azzurro è un premio per mancanza di altri iscritti al concorso: ragazzini emergenti, oriundi, emigrati. Il viaggio di Zaniolo assomiglia a quello di Mastorna, protagonista del film che Fellini non girò mai. Uomo di talento, ma dai molti peccati, si ritrova nell’aldilà, alle porte del paradiso e trova tutto inspiegabile, finché s’accorge che i posti li decide una lotteria: il destino, anche ultraterreno, è figlio del caso e non del merito.

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