La Cormons di Bruno Pizzul e Mariano del Friuli, il paese natale di Dino Zoff, distano meno di 5 chilometri. «Impossibile non diventare amici» spiega il n.1 di Spagna ’82, ct azzurro nel biennio 1998-2000.
Un’amicizia nata in campo la vostra, Zoff?
«Sa, il calcio dalle nostre parti affratella e mette tutti su un campo, prima o poi, o assieme o contro. Sebbene più grande di me, Bruno lo ricordo anche calciatore, un difensore rude, di stazza, autoritario, simile per stile a tanti calciatori friulani di quegli anni, come Burgnich. Poi lui andò a Catania e io ho seguito la mia traiettoria. Un infortunio lo fermò, sarebbe potuto diventare un ottimo calciatore».
Vi siete ritrovati di fronte da intervistatore a intervistato, poi.
«Gentile, disponibile, amichevole, ma sempre con la schiena drittissima: impossibile non volergli bene anche quando faceva domande scomode, difficili. Mi onoro di essere stato un suo caro amico dopo. Mi è sempre stato molto vicino».
Anche dopo il suo addio alla panchina azzurra, dopo la famosa invettiva di Berlusconi sulla mancata marcatura su Zidane?
«Di quell’episodio non vorrei tornare a parlare. Ma Bruno c’è sempre stato».
Vi vedevate spesso?
«Abbastanza, soprattutto d’estate, nel nostro Friuli. Ci vedevamo a casa mia, sotto gli alberi del mio giardino. Si chiacchierava tanto con lui, era bello ritrovarci, emozionarci ancora con i vecchi racconti di calcio. La sua umanità è la cosa che non dimenticherò mai. Gli acciacchi purtroppo ci hanno tenuti lontani in questi anni. Ora gli mando un enorme abbraccio, dovunque sia».