MILANO – All’inizio del 1994, nel carcere di Parma, un gruppo di detenuti decide di sequestrare un calciatore. Un sequestro lampo, di ventiquattro o al massimo quarantotto ore. Nel Parma di Callisto Tanzi e Nevio Scala, squadra ambiziosa e apparentemente inarrestabile, gioca Gianfranco Zola, già campione, fantasista sardo arrivato dal Napoli. È lui l’obiettivo degli aspiranti sequestratori. “Ero vicecapocannoniere, è stato un anno straordinario”, racconta Zola, oltre trent’anni dopo il tentato sequestro, nel podcast Il Maradona delle carceri di Marco Cattaneo, prodotto da One Podcast. La storia principale è quella di Fabrizio Maiello, ex promessa del calcio, poi rapinatore e latitante al tempo in cui, con alcuni complici, tentò di rapire Magic Box.
L’incredibile dialogo trent’anni dopo
“Sarebbero stati cavoli tuoi se mi avessi sequestrato, mangiavo tanto, ero rompiscatole”, scherza Zola, trent’anni dopo, chiacchierando con l’uomo che cercò di sequestrarlo. E Maiello risponde: “Eri quello che poteva farci prendere più soldi”. All’inizio, Zola sdrammatizza: “Pensavo fosse uno scherzo di Melli. E se poi Tanzi non pagava?”. Poi si fa serio, tornando con la memoria a quel 31 ottobre 1994, il giorno dopo la domenica in cui il Parma conquistò la vetta del campionato, e in cui fu tentato il rapimento: “Non mi ero accorto che a pedinarmi fossero due auto. Avevo notato che qualcuno mi seguiva, ma pensavo volesse un autografo”, dice Zola, che quel lunedì stava andando da un fisioterapista a Rimini.
Il sequestro sventato alla pompa di benzina
Il piano dei banditi, armati di pistole, era di tamponare l’auto di Zola con una delle due macchine rubate per il colpo, per poi sequestrarlo. Ma Zola, inaspettatamente, si fermò a una stazione di servizio. Fermi alla pompa di benzina, Maiello incrociò lo sguardo del calciatore: “Ti brillavano gli occhi, eri gentile, il campione che ammiravo. Nei tuoi occhi ho visto qualcosa. Lì mi è passata la voglia di tutto: del miliardo di lire del riscatto, dei soldi di Tanzi. Per questo mi sono fermato”. Preso dall’incertezza, Maiello tirò fuori di tasca la carta d’identità e la fece autografare da Zola, che oggi riflette: “Vorrei sapere dove mi avrebbero tenuto e per quanto. Chissà se il Parma avrebbe coinvolto la polizia. La domanda che fatico a pormi è: cosa sarebbe successo se le cose fossero andate storte?”.
I preparativi per il sequestro sull’Appennino
Dopo la sosta al benzinaio, l’inseguimento proseguì. L’intento era consegnare a Tanzi una lettera con la richiesta di un miliardo di lire di riscatto. Il luogo del sequestro avrebbe dovuto essere l’Appennino reggiano. Oltre alle due auto rubate e alle armi, già pronte, sarebbero servite due tende e alcuni sacchi a pelo. “Non so come avrei reagito a un sequestro, ma nella vita ho passato momenti difficili. Sono quasi sicuro che lo avrei superato, ma penso a mia moglie, ai miei figli, allora piccoli. Una vicenda del genere sconvolge le persone che hai vicine”, dice Zola.
Zola e il trauma del Mondiale 1994
Pensando alle difficoltà affrontate dal suo aspirante carceriere, Zola rievoca uno dei traumi più dolorosi della sua carriera: l’espulsione agli ottavi di finale del Mondiale 1994 contro la Nigeria, dopo appena sette minuti. Gli costò due giornate di squalifica. “La vita non ha sempre un lieto fine. Di fronte alle tragedie puoi scegliere la rabbia e la frustrazione, oppure reagire. A fare la differenza fra chi ce la fa e chi no è spesso la determinazione. Sono arrivato a mangiare uova crude, perché avevo letto che lo faceva Ferenc Puskás”, racconta oggi Zola.