Il difensore danese del Milan, Simon Kjaer, a poche ore dal fischio d’inizio della prima gara di semifinale di Champions, dell’Euroderby, tra Milan ed Inter, ha rilasciato diverse dichiarazioni – sul proprio futuro e sul match – a diversi media danesi.
Le parole di Kjaer sono state raccolte e pubblicate da Tuttomercatoweb. Kjaer ha iniziato la sua intervista rispondendo a questa domanda: “Come dimostrare che vali ancora il Milan”, la risposta del difensore rossonero: "E' nella quotidianità, è nel lavoro che svolgo ogni giorno e poi ovviamente anche le partite hanno un'influenza, perché dipende da quanto bene giochi, è lì che ti misurano, ma non credo che il club abbia dubbi sul mio atteggiamento. Possono vedere quanto sono professionale, possono vedere quanto ci tengo, e ho anche cercato troppo di dire che sto pensando a molti anni nel futuro".
Per quanto riguarda il futuro: "Come ho detto l'ultima volta che mi sono infortunato, è stato nel momento più strano rispetto alla mia carriera. Ma a questo punto non vedo perché dovrei smettere nel prossimo futuro. Quando vedo che c'è sempre molto da guadagnare. Fisicamente e mentalmente. E l'intero processo. Quanto si può effettivamente guadagnare in ogni momento. Quindi è un mito che tu sia vecchio. A 34 anni non è vero che si è vecchi. È solo nella tua testa. Quando sei vecchio, è solo nella tua testa – perché il corpo sta ancora bene e mi sento bene, quindi ho ancora molti anni nel calcio. Anche al massimo livello, quindi non ho intenzione di smettere presto”.
Sulla possibilità di restare in rossonero oltre il 30 giugno 2024 Kjaer risponde: “Lo spero. Ci sono due parti, un allenatore e molte cose che entrano in gioco. Ma sicuramente farò la mia parte. È qui che voglio finire, è il club in cui ho sempre sognato di finire. Quindi spero anch'io di finire qui, ma non a breve".
Riguardo alcune lezioni imparate dall'infortunio: "Non ho alcuno stress. Non c'è stress. Una delle cose che ho imparato dall'infortunio è di prendere un giorno alla volta. Vivere davvero. Quello che i giorni ti danno e quello che i giorni ti offrono. Possono essere belle e brutte. Ma i giorni brutti sono quelli in cui devi trovare le percentuali. Perché quei giorni sono forse più legati alla disciplina di portare a termine le cose. Quando si è motivati, ci si allena, ma è nei giorni difficili, in cui non si ha voglia di lavorare, che bisogna impegnarsi. Ed è qui che si separano le pecore dalle capre (in gergo danese, ndr), secondo me. È lì che si ottengono le percentuali. È così che vivo la mia vita. Dal punto di vista calcistico. So cosa mi aspetta il 10… e il 16, ma so anche cosa mi aspetta il mercoledì. So cosa mi aspetta il sabato. È un processo, ma quelli sono i giorni che vivo. Se vivo in questo modo, non posso pensare al 25, al 26 e al 27. Non ne ricaverei nulla. Non ne ricaverei nulla. Non è qualcosa su cui ho il controllo"
Sulle differenze tra inizio carriera ed oggi: "Sono due stili di vita completamente diversi. Sono due scelte diverse. Come si sceglie di vivere. Se si può trovare pace, se si può trovare gioia nel modo in cui si lavora duramente o in cui non si lavora duramente… Pensavo di lavorare sodo quando ero più giovane. Non è così. Quindi c'è sempre qualcosa che si può cambiare. C'è sempre qualcosa che si può fare per migliorare. Ed è anche questo che mi spinge. Penso che sia bello. Voglio dire, i giorni in cui soffri e queste cose, la sensazione che hai quando torni a casa è che sia stato un buon allenamento e che hai fatto quello che dovevi fare. Poi ti svegli il giorno dopo e sei piuttosto distrutto, e devi rifarlo, ma mi piace il processo che c'è dietro"