Parigi – C’era tutto il popolo nerazzurro a Monaco per la finale della Champions contro i ricchi parigini del Psg. Il finanziere impegnato nei dossier di Borsa del giorno, la tassista Bauscia di Isola a Milano, gli agricoltori siciliani da Piazza Armerina, i ragazzi arrivati da Brooklyn o Ibiza. Quelli che ricordano i trionfi di Herrera, i signori cresciuti con lo scudetto record e la Coppa Uefa del gentiluomo Ernesto Pellegrini, celebrato in campo con il lutto della squadra italiana. E poi i Manciniani e i Mourinisti delle glorie 2006-2010 e infine i ragazzini cresciuti a Conte e Inzaghi.
Il presidente con 4 consonanti
Martedi scorso al ristorante Botinero, in San Marco, due presidenti dell’Inter ridevano con un vecchio tifoso dell’algoritmo MRTT, per vincere la Coppa dei Campioni l’Inter deve avere un presidente con le quattro consonanti nel cognome, Angelo MoRaTTi 1964 e 1965, suo figlio Massimo MoRaTTi 2010 e ora, per la speranza degli sportivi davanti a bistecche fumanti di asado, Beppe MaRoTTa. L’incontro, organizzato dal businessman Gianfranco Dentella, celebrava il mezzo secolo dalla Coppa strappata da Jair al Benfica, con le glorie di allora Mazzola, Bedin, un Risti Guarneri in forma a 87 anni, citando il pane e salame che, testimone l’inviato del Giorno Gianni Brera, contrabbandava in ritiro, «mi ha tenuto giovane!». Dieta oggi vietata alla mensa della squadra di Oaktree e mai la signora Kathleen Ralph e MaRoTTa permetterebbero un simile scempio proteico. L’albero genealogico delle maglie, da Paul Ince a Frattesi, raccoglieva i sogni di chi si accanisce ogni giorno sulla chat X Bauscia Cafè.
L’epica interista non è servita
Eppure nulla di tutta questa epica magnifica è servita, nell’intera eroica stagione di Champions l’Inter di Inzaghi era stata in svantaggio solo per un quarto d’ora, ma nel caldo dell’Arena il pressing alto su Sommer, fonte del gioco nerazzurro, ordinato da Luis Enrique e Parigi vedeva la Coppa volare sulla Tour Eiffel, dopo decenni di fiaschi. Sul popolo interista, curva ultras e chat bene, è sceso il silenzio. I WhatsApp familiari si son presto scissi tra i pessimisti, tipo i tifosi che hanno abbandonato mesti San Siro dopo l’effimero vantaggio del Barça, e gli Acerbiani, pronti alla riscossa come il terzino veterano in semifinale.
Ora di nuovo in prima fila al mondiale americano
E io, come mi sono schierato tra le due fazioni antiche di San Siro, i Neri e gli Azzurri? In passato, con Herrera, Bersellini, Simoni sarei stato con gli Ottimisti, arriva la rimonta come con la Sampdoria ribaltata da 2-00 a 3-2 con Vieri e Recoba per la radiocronaca folle di Roberto Scarpini. Adesso essere interista, dopo tante avventure, sublima nell’essere accanto ai ragazzi. Comunque anche con la goleada Psg. Alzare la quarta coppa contro i cugini sarebbe stato delizioso, vero, ma chi mai ci toglierà i 210 minuti di passione contro il Barça? Nessuno. Mai. Al Mondiale Usa, tra poco, ci vedrete in prima fila, testa alta ovunque andiamo, a prenderle e darle per la squadra di Milano. Marotta, Oaktree, il vicepresidente Zanetti, Inzaghi, la rosa dei giocatori nuovi e vecchi sapranno cosa fare e i tifosi, i Neri e gli Azzurri, saranno con loro.
L’elogio alla follia interista
Quando Antonio Conte arrivò all’Inter giurò che, in poco tempo, avrebbe estinto il Dna Inter Pazza, facendo di noi travet in grisaglia. Il mister Conte ha vinto un titolo a Milano, uno ce lo ha strappato in volata con il Napoli ma, grazie a Dio, l’Elogio della Follia Interista non si è concluso. Perché se Monaco ha visto una serataccia “che non s’ama ricordare”, come insegna il poeta Cardarelli, la storia continua, la follia si eterna, i colori brilleranno. Per qualche giorno i gufi gongoleranno, c’è bisogno di dire chi sono?, poi Inzaghi tornerà in panchina, Marotta alla scrivania, i ragazzi in campo, noi a tifare. Amala e ci vediamo a New York boys, quelli che abbiamo applaudito per dieci minuti la squadra dopo la batosta.