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Mancini in bilico, la federazione dell’Arabia è furiosa

Il pareggio con il Bahrain ha scatenato molte polemiche e il tecnico rischia. Il presidente Al Misehal: “Mai vista la nazionale così male, interverremo”

Guardatelo, mentre manda platealmente a stendere il pubblico che lo insulta (il labiale sembra proprio un vaffa, la mimica bracciale lo è assolutamente), un bottone della bianca camicia sbottonato di troppo e quell’espressione ruvida, quel volto ormai rugoso, quello sguardo velato che ha da quando è andato ad arricchirsi in Arabia Saudita per 24 milioni l’anno, tradendo di colpo la Nazionale italiana, le proprie ambizioni e forse pure sé stesso. Roberto Mancini è un ct ricco sfondato ma profondamente in crisi. Nel giro di cinque giorni ha perso in casa col Giappone (e vabbè, in Asia è la nazionale più forte) e poi pareggiato con il modesto Bahrain, facendo invelenire il pubblico di Gedda, che le partite delle squadre di club le segue con distacco quasi sdegnato ma che quando giocano i Green Falcons, i falconi verdi, s’infiamma.

Risultati con il contagocce, il mondiale è a rischio

A ottobre l’Arabia Saudita aveva fatto 1-1 (sempre a domicilio) contro l’altrettanto modesta Indonesia, cosicché adesso è smottata al terzo posto, dietro all’inattaccabile Giappone e all’Australia nel gruppo che qualificherà due squadre al Mondiale americano del 2026. Ci saranno in ogni caso due possibilità di ripescaggio, perché la fase successiva, cui accederanno le terze e le quarte, promuoverà altre due nazionali e un’altra ancora potrà giocarsi l’ultimissima chance in un play-off a sei con un’africana, una sudamericana, due nordamericane e una oceanica. Sarà un Mondiale a maglie larghe, con otto asiatiche o forse nove. In Qatar furono sei, quattro più il paese ospitante e l’Australia che vinse lo spareggio con il Perù: l’Arabia del ct francese Renard si qualificò brillantemente, batté addirittura l’Argentina e sfiorò il passaggio agli ottavi. Mancini non è invece riuscito nemmeno a vincere il facile girone nella prima fase delle qualificazioni, arrivando dietro alla Giordania.

E anche il posto di Mancini vacilla

Lo cacciano, non lo cacciano? «Dobbiamo scusarci con i tifosi. Non abbiamo mai visto la nazionale saudita in queste condizioni e non siamo soddisfatti di ciò che sta accadendo. Ottenere due punti da tre partite casalinghe è inaccettabile e verrà presa una decisione», ha sibilato il presidente federale Yasser Al Misehal, facendo capire come su Mancini stia per abbattersi una tempesta di sabbia. «Adesso non è possibile valutare la situazione, è un momento di rabbia. Dateci solo qualche giorno per valutare». Mancini, da parte sua, fatica a capire che aria tiri, ma la sensazione è che lui non ne possa già più nell’Arabia, e viceversa. Nei giorni scorsi ha risposto sgarbatamente alle domande di un giornalista giapponese che gli domandava del rapporto sfalsato tra il suo gigantesco stipendio e i miseri risultati («Vuoi vedere il mio conto in banca?») e di uno arabo che gli chiedeva conto dei suoi cambiamenti tattici: «Prima ti lamentavi che giocavamo a tre, adesso che giochiamo a quattro». Infine ha distribuito agli astanti il report con le statistiche della gara contro il Giappone, che testimonierebbero di una sconfitta immeritata. E inoltre è stato poco tenero con la teorica stella della sua nazionale, Al Dawsari, uno dei due che segnò all’Argentina ma anche quello che ha sbagliato il rigore decisivo tanto con l’Indonesia quanto con il Bahrain. «I suoi errori? Chiedete a lui! Se avesse segnato avremmo nove punti. Puntate sempre il dito contro l’allenatore, ma anche i giocatori devono prendersi le loro responsabilità».

Il punto è che Mancini non sembra avere molta stima dei suoi uomini e che pare sufficientemente ricambiato. «La situazione rispetto a quattro anni fa è cambiata molto. Più della metà dei miei calciatori gioca pochissimo nel club». L’invasione degli stranieri nella Saudi League ha in effetti relegato gli arabi, abituati a essere protagonisti nel campionato di casa (tutti i 26 convocati per l’ultimo Mondiale giocavano in Arabia), a ruoli marginali. L’unico all’estero è il romanista Abdulhamid, che non è che si stia distinguendo per bravura. Alla fine Mancini resterà con un pugno di sabbia, ma ben pagato.

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