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Monza, l’estate di Palladino: “Studio calcio tutto il giorno, all’estero più spazio per gli emergenti”

Il tecnico brianzolo al primo ritiro: “Non amo il mercato aperto a inizio campionato, in Serie A ci sono pochi campioni, i giovani ne beneficeranno”.

La seconda stagione del Monza in Serie A, senza tra l'altro patron Berlusconi, si preannuncia tanto complicata quanto affascinante e Raffaele Palladino, che ha preso le redini della truppa brianzola dopo l'inizio difficile di Giovanni Stroppa, lo sa.

Il tecnico partenopeo si confida a 'La Repubblica': "Non ho fatto nemmeno un giorno di ferie, studio 10 – 12 ore al giorno video di allenamenti e partite, sono un po' maniacale; quando giocavo mi piaceva tenermi in allenamento, altri preferivano il mare, ma adesso i calciatori seguono programmi di lavoro, hanno preparatori atletici personali, sono aziende. In un anno sono cresciuto come uomo: sono un ragazzo fortunato, Galliani e Berlusconi hanno avuto il coraggio di investire su di me; mi auguro si rompa la barriera di diffidenza verso i giovani, in Germania sono più avanti".

Ci sono vari maestri ad aver segnato il Raffaele allenatore: "Essere stati calciatori aiuta a diventare allenatori, ma non è necessario, guardate Sacchi, Mourinho, Sarri.. Contano lavoro e studio, anche di quel che fanno gli altri. Mi etichettano come gasperiniano, i suoi rimproveri mi hanno aiutato, ma ho preso molto da Lippi e Guardiola: da Juric ho imparato il perfezionismo, Ranieri è bravo a gestire le persone, come Deschamps, che non faceva distinzioni fra anziani e giovani. Cerco un approccio che sia mio, nel calcio il copia e incolla non funziona: serve umanità per guidare un gruppo, contano le sensazioni. Quando entri in spogliatoio, quando vedi i ragazzi passeggiare, quando una sconfitta li deprime..".

Il Monza non ha più la guida del suo presidente, che avallò l'intuizione di Galliani: "Sì, è stato Galliani a volermi in Prima Squadra, ci invita a dare il massimo per il presidente, che ci ha permesso di salire in Serie A e restarci; era una guida, lo sentivo spesso e sono convinto che nel nostro piccolo abbiamo regalato qualche pensiero felice a lui nell'ultimo periodo segnato dalla sofferenza; mi faceva i complimenti, dopo le vittorie mi ringraziava".

A una riflessione sul mercato, si accompagna la nostalgia per un calcio che fu, un calcio che è sempre vissuto come una serie di incastri anche fortuiti: "Gagliardini è molto motivato, va a duemila all'ora, il fatto che sia accompagnato da un filo di diffidenza lo aiuterò a far ricredere molti; non amo il mercato aperto a campionato in corso, mi infastidiva giocare contro ragazzi che la settimana prima erano miei compagni. Noi ragazzi faticavamo ad emergere: adesso in Serie A ci sono meno campioni: se pensiamo a Juventus, Roma e Inter, c'erano Trezeguet, Del Piero, Nedved e Camoranesi, Totti, Montella e Cassano, Adriano e Ibrahimovic.. In Primavera facevo coppia con Benjamin, aveva numeri più importanti di me: nel calcio non sempre emerge il più forte, incidono incastri: allenatori, infortuni, scelte; il talento va coltivato, ci vuole testa".

 

 

 

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